Dopo aver studiato il Cinquecento e il Seicento, i ragazzi e le ragazze di 2^A hanno scritto e recitato alcuni dialoghi fra personaggi storici dell’epoca, reinterpretati in un’ottica più moderna.
Eccoli: buona lettura!
Dialogo tra la regina Elisabetta d’Inghilterra (Sofia Gasparini) e il principe Eraklis di Grecia (Lorenzo Arbore)
INTRODUZIONE
Un caldo giorno di primavera, i sudditi della regina invitarono a palazzo il principe Eraklis di Grecia, un uomo carino, alto, magro e con un regno che governava con il padre.
Lo invitarono per passare del tempo con la regina nella speranza che la ella, durante una cena, si innamorasse, così da non dover più regnare da sola.
Come sappiamo la regina Elisabetta I non ha mai avuto un marito; riuscirà il principe Eriklis a conquistarla e a sposarla?
Elisabetta: Buonasera.
Principe Eraklis di Grecia: Buonasera, sua maestà.
Elisabetta: Prenda pure posto.
Tutti si sedettero.
Principe: Oh! sua maestà, la pernice come la fanno i suoi sudditi è estremamente gustosa.
Elisabetta: Principe, vi ringrazio.
Nel giardino del castello, dopo la cena
Principe: Sua maestà, spero di poterla invitare nella mia terra greca un giorno; i miei sudditi sarebbero davvero onoratissimi di poterla avere sul suolo ellenico
Elisabetta: Certamente, molto volentieri. In questo periodo sono molto impegnata, sa con tutto il regno a cui badare … spero di liberarmi dai miei impegni il prima possibile.
Ora ritiriamoci che sta iniziando a piovere.
Principe: Certamente, sa, la mia terra è molto bella e ricca di posti da visitare e cibi buoni da assaporare … Ora si è fatto tardi, ci vediamo domani mattina per la colazione.
Elisabetta: Arrivederci e buona notte.
Principe: Buonanotte, sua maestà Elisabetta!
Elisabetta: Buonanotte, principe Eraklis!
Narratore: La regina e il principe si ritirarono nelle camere per la notte. La mattina seguente, dopo la colazione, il principe dovette partire e rientrare in Grecia in quanto c’era stato un attacco da parte del popolo turco.
Dopo circa sei mesi la regina inviò una lettera al principe Eraklis:
Caro Principe Eraklis,
la informo che il mese prossimo arriverò nella sua terra, per assaporare il buon cibo e visitare i luoghi come mi ha raccontato durante il nostro breve incontro, oltre che per conoscerla meglio.
Arrivederci e buona giornata, ci vedremo al più presto.
Il mese successivo
Narratore: La regina Elisabetta preparò i bagagli e partì per la Grecia che, descritta dal principe, sembrava una terra fantastica e piena di ricchezza.
Appena arrivata a palazzo, la regina venne accolta calorosamente dal principe.
Principe: Ben arrivata, regina Elisabetta. Ha fatto un buon viaggio?
Elisabetta: Grazie ancora principe Eraklis dell’invito; sì, è stato un buon viaggio, anche se un po’ lungo….
Principe: Le faccio sistemare i bagagli nella sua stanza, intanto vogliamo prendere un tè in salone?
Elisabetta: Oh! Grazie, accetto molto volentieri.
Si accomodarono.
Elisabetta: Mi racconti un po’ di lei, della sua storia…
Principe: Ho avuto una vita molto avventurosa, ho visitato molte città, ora però è venuto il momento di diventare un re, in quanto mio padre è anziano e da solo non ha più le forze per governare; mi piacerebbe trovare una persona con cui condividere la mia vita, una donna di carattere come lei…
Elisabetta: La ringrazio, ma vede, sono molto legata al mio regno, ho molte cose da fare e soprattutto ho un popolo a cui pensare.
Principe: Ha tutto il tempo per pensarci.
Parlarono del più e del meno e successivamente iniziarono la cena.
Elisabetta: Questa moussaka è davvero squisita, qui si mangia davvero molto bene e c’è un ottimo cuoco.
Narratore: Finita la cena, il principe, riferisce alla regina una notizia inaspettata.
Principe: Per il suo arrivo, ho organizzato una festa.
Elisabetta: Non mancherò. Dove si terrà la festa?
Principe: La festa si terrà domani nel salone alle 18.30.
Elisabetta: Perfetto, grazie mille, è stato davvero molto gentile da parte sua.
Narratore: La regina si ritirò nella sua stanza, così fece anche il principe.
La mattina seguente, dopo la colazione, il principe invitò la regina a passeggiare nel giardino per chiacchierare.
Qualche ora dopo
Narratore: Iniziò la festa. A cena il principe e la regina parlarono della bellissima giornata passata insieme, cenarono, ballarono e il principe prese coraggio e chiese la mano alla regina.
Principe: Oh Elisabetta, sarei onorato se Lei potesse diventare mia moglie, potremmo governare insieme i nostri paesi.
Elisabetta: Principe Eraklis, sono desolata, ma devo rifiutare. L’Inghilterra è un paese complesso da governare, con tante e importanti colonie, che necessitano della mia totale attenzione e dedizione. La mia assenza prolungata dal mio paese non permetterebbe un buon governo. Per quanto io sia lusingata dalla sua proposta, il mio destino è con il mio popolo.
Spero che questo non comprometta la nostra amicizia.
Principe: Capisco il suo punto di vista, ma se dovessimo stare insieme tutto sarebbe più semplice, magari ha bisogno ancora di un po’ di tempo per pensarci.
Narratore: La regina si ritirò nella sua stanza con la promessa di pensarci.
La regina tornò a governare il suo splendido regno e il principe è ancora in cerca della sposa perfetta.
Dialogo tra Galileo Galilei (Matteo Mendicino) e il giudice del Tribunale che lo processò (Leonardo Jung)
Tribunale: Abbiamo letto il suo libro “Dialogo sopra i 2 massimi sistemi del mondo” dove lei dice che il sistema copernicano è l’unico sistema realistico; è davvero convinto di questo?
Galileo: Sì, ne sono convinto. Ho realizzato anche alcuni esperimenti; io uso un metodo secondo il quale, dopo aver fatto delle ipotesi, bisogna sempre verificarle attraverso l’osservazione e degli esperimenti.
Tribunale: Già, e che esperimenti avrebbe fatto?
Galileo: Ho visto che il pianeta Venere, che si trova tra il Sole e la Terra, ha delle fasi di ombra e luce come la Luna, quindi gira intorno al Sole, come la Terra!
Tribunale: E come ha fatto a vedere nello spazio?
Galileo: Ho inventato un aggeggio: il cannocchiale, questo è dotato di lenti che permettono di vedere lontanissimo!
Tribunale: La Bibbia dice che la Terra è immobile al centro dell’Universo! Quindi sta offendendo le Sacre Scritture! Sa che potrebbe essere condannato per eresia?!
Galileo: No, nel mio libro non offendo nessuno dei due! Perché è vero che nella Bibbia c’è scritto che la terra sta al centro dell’universo, però nella Bibbia ci sono molte frasi metaforiche, quindi questa potrebbe esserne una.
Tribunale: Ma che metafore!! La Bibbia dice solo la verità! È costretto ad abiurare se non vuole finire sul rogo!
Galileo: Mai! Perché la scienza deve essere indipendente dalla religione!
Tribunale: Abiura?
Galileo: No.
Tribunale: Condannatelo!
Galileo: No, va bene. Abiuro!
Dialogo tra Bartolomé de las Casas tornato in vita (Mattia Pirovano) e un mercante di schiavi del Seicento (Edoardo Castiglioni)
Presentazione dei personaggi
Mattia. Ciao, sono Bartolomeo de Las Casas. Ero un monaco domenicano Spagnolo e sono conosciuto per aver denunciato lo sterminio e lo sfruttamento degli Amerindi. Oggi sono qui, tornato in vita, per denunciare la tratta degli schiavi, predicando la libertà e l’uguaglianza fra gli uomini.
Edoardo. Ciao, sono Luis, il mercante di schiavi più famoso del 1600. La tratta è cominciata perché mancava la manodopera nelle piantagioni Americane e si è pensato di andare a prenderla in Africa, a poco prezzo.
Dialogo
Mattia. Buongiorno, buon uomo, fratello mio, da quando sono giunto in questo posto meraviglioso vedo l’opera di Dio nella natura di questi posti incantati, ma se tanta bellezza è nella natura, tanta crudeltà e malvagità vedo nelle azioni di alcuni uomini verso altri fratelli. Con che cuore separi dalle loro madri dei piccoli innocenti? Che male ti avranno mai fatto?
Edoardo. Caro Bartolomeo, a me non hanno fatto alcun male! Purtroppo serve manodopera nelle piantagioni e tu, nonostante abbia scritto più volte alla monarchia spagnola di fermare lo sterminio degli Amerindi, non hai ottenuto alcun risultato. Si, hanno promulgato delle leggi, che però nessuno ha rispettato. Quindi, se ti fossi fatto valere non saremmo a questo punto…
Mattia: No, fratello, non ci sono giustificazioni a quello che stai dicendo. Vedo mercanti come te impegnati a sfruttare dei poveri fratelli per assicurarsi che siano sani, proprio come un allevatore si comporta durante la vendita del bestiame … Perché fate tutto questo? Come fa un uomo a stabilire il prezzo di un altro uomo? A chi devi vendere un altro fratello?
Edoardo: Non sono il primo e purtroppo non sarò l’ultimo a dare un prezzo a un uomo. L’Europa vuole i prodotti delle piantagioni, che quindi devono produrre al massimo. Ricordati che la schiavitù esiste sin dai tempi delle civiltà più antiche. C’è sempre stata la piramide sociale e sullo scalino più basso ci sono sempre stati gli schiavi. In passato erano prigionieri di guerra, ora li andiamo a prendere in Africa. La schiavitù non è certo una mia invenzione!
Mattia: Stai facendo un terribile errore: anche tu sei figlio di Dio, proprio come gli uomini e le donne che barbaramente stai vendendo. Ogni uomo ha pari dignità agli occhi di Dio e se non cambierai il tuo punto di vista, l’ira di nostro Signore si abbatterà su di te.
Edoardo: L’ira di Dio si abbatterà su tutti noi … noi Europei, siamo tutti colpevoli di questo orrore! Io devo lavorare per dare da mangiare alla mia famiglia… però sì, sono anche loro creature del Signore… Lascerò liberi questi schiavi che ho appena portato dal Golfo di Guinea…
Mattia: Mi fa piacere sentire il tuo pentimento, libera pure gli uomini che ingiustamente hai legato tra loro e permetti loro di ricongiungersi con le loro famiglie. La grazia del Signore è scesa su di te.
Ti Benedico nel nome di Dio e sono certo che d’ora in poi non giudicherai più gli uomini per il colore della loro pelle.
Dialogo tra due schiavi africani portati nelle piantagioni americane (Camilla Loreti e Alice Campagnola)
Presentazione dei personaggi:
ASABI: Ciao a tutti! Io sono Asabi, sono la sorella maggiore di Akin e ho 17 anni. Prima che degli uomini bianchi mi catturassero, vivevo in un piccolo villaggio nel Congo in Africa. Sono alta con capelli neri, ricci e lunghissimi raccolti in tantissime treccine. La mia famiglia è molto numerosa: siamo sette fratelli! Tra noi solo io e Akin siamo stati catturati dai bianchi e ora vi racconterò la nostra storia.
AKIN: Ciao! Io sono Akin e sono il fratello minore di Asabi. Ho 16 anni ma, nonostante ciò, gli uomini bianchi mi hanno catturato perché sono alto e in buona salute. Come sapete già, io vivevo in un villaggio del Congo con la mia famiglia. Insieme agli uomini del villaggio mi sono occupato di cacciare e di pescare finché sono stato catturato e maltrattato dagli uomini bianchi. Questa è la mia storia!
Dialogo
AKIN: Ciao Asabi, è tutto il giorno che ti cerco! Dove eri finita?
ASABI: Scusa Akin, ero con la mia amica Kissa: stavamo raccogliendo i frutti da portare alla mamma vicino alla spiaggia, quando ad un certo punto abbiamo visto delle navi con a bordo gli uomini bianchi … stavo cercando la mamma per avvertirla, ma non l’ho trovata, probabilmente è andata a prendere l’acqua al fiume.
AKIN: Asabi, cosa stai aspettando? Corri ad avvertire la nostra famiglia. Dobbiamo nasconderci!
ASABI: Hai ragione. Tu vai ad avvertire i nostri fratelli mentre io andrò incontro alla mamma.
NARRATORE: I due fratelli cercarono di chiamare tutti, ma ormai era troppo tardi … i bianchi avevano fatto in tempo ad entrare nel villaggio e a strappare alle loro famiglie tutti i giovani dai 15 ai 25 anni sani e robusti
AKIN: Asabi, cosa ci stanno facendo?
ASABI: Non lo so. Forse ci stanno portando nel loro paese per farci lavorare …
AKIN: Io non voglio lasciare la mia terra e la mia famiglia!
NARRATORE: I due fratelli vennero scelti insieme ad altri giovani del villaggio tra cui Kissa.
Avevano messo loro pesanti catene di ferro intorno al collo e insieme ad altri giovani uomini e donne del villaggio li avevano costretti a partire senza neanche dare loro il tempo di salutare i propri cari
ASABI: Akin, tutto bene? Sei stanco, hai sete?
AKIN: Non ce la faccio più, stiamo camminando da un’ora sotto il sole, ho sete e mi fa male la schiena per le frustate che mi hanno dato …
ASABI: Lo so, anche io ho molta sete, ma devi tenere duro, siamo quasi arrivati alla spiaggia …
AKIN: Vedo le navi! Siamo quasi arrivati … Avanti, accelera il passo!
NARRATORE: I negrieri li fecero salire a bordo delle navi e li incatenarono uno vicino all’altro nella stiva. Poi diedero loro un tozzo di pane raffermo e un sorso d’acqua a ciascuno.
AKIN: Non capisco … perché ci hanno rinchiusi nella stiva e incatenati ai pali?
ASABI: Ma non lo hai ancora capito? Siamo loro prigionieri, ci porteranno nella loro terra e saremo i loro schiavi.
Due giorni dopo
ASABI: Akin, tutto bene? Vedo che barcolli ed è da un po’ che non parli.
AKIN: Sto molto male, ho la nausea e mi gira la testa …
ASABI: Cerca di riprenderti, non puoi rischiare di farti vedere in queste condizioni, ti potrebbero anche uccidere. Tra un po’ ci dovrebbero dare acqua e cibo e magari ci faranno uscire per prendere un po’ d’aria, vedrai che poi starai meglio …
Il giorno successivo
AKIN: Grazie del consiglio Asabi, ora mi sento molto meglio! Non so come farei senza di te …
ASABI: Grazie! Ma solo a me manca la nostra famiglia, il nostro villaggio, i nostri amici?
AKIN: No, anche a me, solo che cerco di non pensarci per non piangere …
Una settimana dopo
ASABI: Akin, Kissa sta molto male …
AKIN: Che cos’ha?
ASABI: Da due giorni vomita e scotta … penso che abbia la febbre … non so se riuscirà a sopravvivere a questo viaggio … chissà quanto durerà ancora …
Qualche ora dopo
AKIN: Asabi, Kassi non si muove più … penso che sia morta.
ASABI: Noooo! La mia migliore amica! Presto, chiamate qualcuno! Qualcuno la salvi!
AKIN: Asabi, stai zitta! Se continui a urlare Kassi non sarà l’unica morta …
ASABI: Hai ragione scusa …
NARRATORE: Nonostante i disagi i due fratelli sopravvissero a quella terribile traversata e dopo due mesi sbarcarono in America …
AKIN: Ma dove siamo? Perché tutta la gente parla un’altra lingua e perché sono tutti bianchi?
ASABI: Siamo nella loro terra! Qui, la gente parla un’altra lingua e la loro pelle è bianca …
AKIN: Sono molto stanco, ora secondo te dove ci portano?
ASABI: Anche io sono stanca … sinceramente è adesso che inizio ad avere paura … dove ci porteranno non lo so, però so che non sarà una cosa piacevole.
NARRATORE: I due ragazzi si stavano dirigendo verso la piazza dove ad accoglierli c’erano tanti uomini che da lì a poco avrebbero dovuto scegliere chi acquistare.
Qualche mese dopo
NARRATORE: I due fratelli, fortunatamente, furono scelti dallo stesso signore, un ricco proprietario terriero che possedeva un’enorme piantagione di caffè. Asabi fu mandata a lavorare come domestica nella casa padronale, mentre Akin, insieme ad altri giovani, fu destinato alla raccolta del caffè nei campi. Si vedevano pochissimo e si parlavano molto raramente, solo quando Akin tornava dai campi e Asabi veniva mandata dalla padrona a prendere una gallina nel pollaio da cucinare per la cena.
ASABI: Akin, come stai? Sei dimagrito tantissimo e la tua schiena è curva!
AKIN: Ciao, Asabi! Io sono in pessime condizioni, ci danno pochissimo da mangiare, ci fanno bere una volta al giorno e dormiamo in capanne tutti insieme, sembriamo degli animali! Alcuni compagni sono già morti, dicono che qui si vive massimo sette anni … tu invece stai benissimo!
ASABI: Che crudeli che sono! Mi dispiace tanto per voi … io qui sto bene, la padrona è generosa con me perché dice che sono un’ottima servitrice. Mi nutro dei loro avanzi che sono sempre abbondanti e gustosi e indosso sempre abiti puliti e confortevoli. Dormo insieme alle altre schiave nel solaio della casa che è abbastanza freddo d’inverno e caldo d’estate, ma nel complesso sto bene. Mi manchi e mi manca la nostra famiglia.
AKIN: Sono molto contento per te! Ora devo andare o il mio padrone mi farà dormire fuori …
ASABI: Anche io vado, la mia padrona mi starà cercando … ciao Akin, domani lascerò dietro al pollaio un fagotto con del cibo e una brocca d’acqua fresca per te e i tuoi compagni.
Spero di rivederti il prima possibile!
AKIN: Ciao Asabi, grazie! Ti voglio bene!
Qualche anno dopo
NARRATORE: Akin morì cinque anni dopo per le condizioni pessime in cui aveva vissuto nella piantagione. Aveva solo 21 anni.
Asabi, invece, rimase tutta la sua vita in quella casa: prima al servizio della padrona e poi quando ella morì, Asabi fu schiava della figlia
La tratta degli schiavi: dialogo tra un mercante di schiavi (Rachele Miglioli) e lo schiavo che ha comprato (Viola Vario)
Presentazioni dei personaggi:
Schiavo: Mi chiamo Solomon Northup. Sono un musicista di talento e sono stato ridotto in schiavitù. Sono stato trasportato qui circa due mesi fa dall’Africa e ora lavoro nelle piantagioni.
Negriero: Io, invece, sono il signor Epps. Ho origini spagnole, ma fino a due mesi fa ho vissuto in Portogallo. Una nave ci ha portati fin qui, in Costa Rica.
C’era bisogno di un po’ di manodopera e per questo abbiamo fatto venire con noi alcuni uomini africani che si occuperanno delle piantagioni.
Dialogo:
Negriero: Bene, bene, bene. Direi che prima di iniziare è necessario fare un controllo… tu!
Schiavo: Io?
Negriero: Sì, tu. Qual è il tuo nome?
Schiavo: Solomon, Solomon Northup.
Negriero: Bene. Quanti anni hai?
Schiavo: 17.
Negriero: Ah! bene. Abbastanza giovane allora. Problemi di salute, malattie?
Schiavo: Nulla, padrone.
Negriero: Perfetto. Allora lascia che ti mostri il posto. Vedi, quella laggiù è la piantagione dove tu e altri uomini lavorerete. Sai, c’è bisogno di un po’ di manodopera qui e ad occuparvene sarete voi. Zapperete e coltiverete la terra tutto il giorno.
Schiavo: Ma … non vi sembra un po’… ecco … disumano?
Negriero: Come? scusa?
Schiavo: Voglio dire … cosa abbiamo fatto per essere ridotti in questo stato? Fino a due mesi fa io ero un uomo libero, come lei.
Negriero: Senti, qualcuno doveva pur occuparsi di queste piantagioni, va bene? E poi dovresti solo ringraziarci che ti abbiamo trovato un lavoro.
Schiavo: Questo per lei è un lavoro? E poi … lavorare in cambio di cosa? A me sembra un vero e proprio sfruttamento.
Negriero: Pensala come vuoi, ma intanto vai a lavorare.
Schiavo: Io prima le avevo fatto una domanda, gliela ripeto: Lavorare in cambio di cosa?
Negriero: Forse tu non hai ancora capito dove ti trovi e neanche chi sei. Siamo in America, qui le persone lavorano senza niente in cambio. Sei uno schiavo. Hai capito?
Schiavo: Questo lo avevo già capito. Le faccio un’altra domanda: se lei fosse al mio posto, ora cosa farebbe?
Negriero: Non farei tutte queste domande. E poi non fare domande che non rispecchiano la realtà.
Schiavo: Va be’! guardi, ho capito. Ora vado a lavorare se no rischio di essere ucciso.
Negriero: Allora hai capito veramente! Ora basta chiacchiere che già non avrei dovuto parlarti così a lungo su questioni che non ti riguardano.
Schiavo: In verità mi riguardano eccome! È la mia vita. Ma lasciamo stare … già sapevo che al mondo c’erano persone che non ragionavano, ma non avrei mai immaginato così tanto.
Negriero: Come scusa?
Schiavo: Niente … tanto non capirebbe. Vado a lavorare.