Un percorso sul ricordo e sulla memoria; sulla morte e sulla vita attraverso autori e registri espressivi molto diversi tra di loro e distanti nel tempo, ma legati da un filo invisibile e lucente…
Durante le ultime lezioni di italiano abbiamo seguito un percorso sul viaggio della vita.
Abbiamo visto il film “Coco“, che parla di un ragazzino che va nel mondo dei morti, trova i suoi parenti e riscopre le origini della sua famiglia; abbiamo poi ascoltato una canzone del famoso cantante americano Bruce Springsteen e abbiamo studiato dei versi del Carme di Ugo Foscolo “Dei sepolcri“.
Secondo me la morte non è la fine della vita, è il suo prolungamento in un’altra dimensione.
Come dice Bruce Springsteen “La terra si è alzata sopra di me e i miei occhi si sono riempiti di cielo. Siamo vivi”. Ciò significa che pur essendo scomparsi dal mondo terreno esiste un altro mondo che ci accoglie. Ovviamente ciò non significa che le persone che ci vogliono bene ci dimenticano completamente, per loro è sempre un momento molto triste in cui si piange molto. Si prova sempre a fare una bella lapide così da far piacere al morto ed essere meno tristi, ma non è così. Infatti Foscolo dice: “All’ombra dei cipressi e dentro l’urne, confortate di pianto, è forse il sonno della morte men duro?”. Ovvero, dentro un’urna, sotto l’ombra dei cipressi, pesa meno il sonno della morte? Non peserà meno, però sicuramente una lapide aiuta di più a ricordare l’amico o il parente che non è più con noi.
Ci sono teorie secondo cui quando una persona muore rinasce nel corpo di un bambino che a sua volta rinascerà e si va avanti così all’infinito, ma per me non è vero. Secondo me il ricordo serve proprio perché si è uno e uno solo, anche dopo la morte. E’ a questo proposito che mi voglio collegare al film “Coco“. il film racconta di un luogo molto importante per le famiglie messicane, un piccolo locale adiacente alla casa in cui si conservano le foto dei parenti morti. Durante il “Dia de los muertos“, se un morto ha una famiglia che lo ricorda e che tiene la sua foto nell’altare di famiglia, allora egli può ritornare per una notte nel mondo dei vivi e rivedere la sua famiglia, ma senza poter comunicare con essa.
Questa è una cosa che desidererei fosse vera, anche se non lo potrò sapere finché non morirò. Ecco, la cosa che mi ha sempre affascinato maggiormente della morte e della scomparsa dal mondo terreno è proprio questa: nessuno potrà mai riferire ciò che avviene dopo la vita, perché chi muore lo sa, ma non può in alcun modo dirlo ai vivi.
In conclusione, mi viene in mente un modo di dire molto famoso che recita così: “Partire è un po’ morire“. Questo mi fa capire che ogni volta che si deve lasciare qualcosa o qualcuno a cui teniamo è sempre un momento difficile che però si può superare e che ci dà la possibilità di vivere nuove esperienze.
Leonardo Bassani, 3B
La vita è ricca di emozioni, sentimenti e sorprese però, come tutti i grandi viaggi, ha anche una fine. Molti pensano che la morte sia, come scrisse Ugo Foscolo, il nulla eterno, il capolinea del nostro treno su cui tutti dobbiamo salire e, purtroppo o per fortuna, anche scendere.
C’è una frase famosa in tutto il mondo che dice:” La fine è un nuovo inizio”, con la quale probabilmente si vuole intendere che quando finiamo un discorso della nostra unica vita, ne inizia subito un altro.
Ma allora potremmo dirlo anche della morte, giusto?
La morte è ineluttabile sì, ma nessuno ha mai stabilito su una base scientifica e reale cosa ci sia dopo e nessuno ha la certezza che oltre a questo ponte che ci collega ai nostri cari perduti non possa esserci una forma di vita completamente nuova, o perfino migliore.
Quasi tutti in questo mondo, e dico quasi perché alcuni vedono la vita come una nemica che non provi pietà, pensano alla morte come negativa, brutta e triste.
Ma negativa, brutta e triste per chi?
Be’, non tanto per coloro che devono attraversare il ponte conducente dall’ altra parte, ma per tutti quelli che li guardano allontanarsi e che prendono coscienza del fatto che non li rivedranno più.
Non bisogna però fare l’ errore di piangere per tutta la propria e sola vita le persone che ci hanno lasciato, perché altrimenti rischieremmo anche noi di dimenticarcene e buttarla via.
Se qualcuno mi dovesse chiedere cos’è secondo me la vita, direi che è un lungo, fine e teso filo infinito, dove le persone ci camminano sopra sin dal primo giorno passo per passo, finché arriverà il momento in cui perderanno l’equilibrio, scivoleranno dalla corda e inizieranno a cadere sempre più giù, fino in fondo.
Ciò però non vuol dire che tutti i morti debbano essere dimenticati: come ci insegna il film “Coco”, tutti hanno il diritto di avere uno spazio nella memoria dei propri cari e magari continuare con loro anche solo un rapporto di amore puro e vicinanza.
Anche Ugo Foscolo nei “Sepolcri”, nonostante sia un’ opera di un’ epoca completamente differente, ci dice che chiunque non abbia fatto qualcosa che lasciasse affetti a un prossimo nella vita, si sentirà solo e triste pure dopo la sua fine.
Sono infatti i corpi che trovano un nuovo posto dove andare perché le anime buone saranno per sempre accolte nel cuore di colore che le hanno amate.
Appunto in “We are alive” di Bruce Springsteen c’è un verso che mi ha colpito molto, ovvero: “alla fine solo i nostri corpi ci tradiscono”.
Questo significa ricordare: non è tanto un fatto di concretezza, ma è l’ azione di portare lo spirito di chi amavamo e tuttora amiamo dentro la sua casa: il cuore.
Non è quindi paura della morte ciò che proviamo noi, ma paura di un grosso cambiamento di cui l’umanità non sa ancora e non saprà mai in cosa consiste.
Voglio infine dire che c’è una cosa che, al contrario di come molti pensano, può battere la morte, ovvero l’amore.
Esso ci accompagnerà, infatti, ovunque saremo e non potrà mai abbandonarci.
Arianna Mozzati, 3B