Sono Corteccia d’Oro.
Facevo parte del Clan dei Frondosi che abitava in questa piana, un mare verde che si spingeva fino all’ultimo orizzonte, prima che gli uomini arrivassero. Quando arrivarono noi ci siamo messi a osservarli.
Erano arrivati con i loro macchinari, simili a predatori con le fauci sempre aperte. Avevano incominciato a tagliare, zac, zac, tunf, tunf, giorno dopo giorno, luna dopo luna. Io fin dal primo giorno in cui erano arrivati avevo intuito che avrebbero portato morte. E avevo ragione, ma Ramo Possente, il capo del Clan, non mi ascoltò. Anzi disse che dovevamo instaurare dei rapporti con quegli umani. Mandò tre alberi parecchio robusti a parlare con gli umani. Li aspettammo, ma non tornarono più. Ormai il ronzio delle motoseghe era sempre più vicino, un sottofondo oscuro.
Una notte scomparve Radice Nodosa, la compagna di vita di Ramo Possente. Di lei era rimasta solo la base del tronco.
Ramo Possente ci riunì tutti e ci comunicò il suo piano: “Siamo stati degli sciocchi a credere che con gli umani si potesse dialogare, essi sono come tarli sordi. La mia compagna è scomparsa insieme al resto del bosco. Dobbiamo combattere! Non scapperemo da qua. Questa è casa nostra, la casa dove le nostre radici sono affondate per la prima volta. Non permetteremo agli umani di portarci via!”.
Tutti erano d’accordo, tranne me. Era un piano stupido. Non potevamo lottare contro i macchinari dell’uomo. La mattina prima della battaglia decisi di fuggire. Non molto lontano dalla piana, c’era un parco protetto. Gli umani non avrebbero avuto il coraggio di spingersi fino a lì a tagliare, mutilare, uccidere. Prima, però, dovevo dirlo a qualcuno.
Così, quella notte strappai le mie radici dal terreno e mi mossi in mezzo agli altri alberi, silenzioso come la morte di un fiore. Non sapevo ancora a chi comunicare la mia scelta. Avevo pochissimi amici nel Clan. Forse potevo dirlo a Foglia Prematura? No, sicuramente mi avrebbe convinto a restare. A Ramo Fiorito? Ma sì, dai! Lui magari sarebbe venuto con me.
Ramo Fiorito abitava nella zona vicino al fiume del bosco. Mi diressi là. Ramo Fiorito stava sonnecchiando. Si era pulito la corteccia dal muschio che era in un angolo impilato in un mucchio. “Ramo Fiorito?” – sussurrai. Lui aprì gli occhi. “Cosa succede?” Si strofinò gli occhi con i rami. “Devo chiederti una cosa”, Ramo Fiorito mi sorrise: “Dimmi tutto”. Respirai: “Ho intenzione di scappare.”. Lui mi guardò strano: “Ma perché scusa?”. Io spostai lo sguardo al cielo: “Non voglio combattere. Scappo per salvarmi. Vieni anche tu?”. Ramo Fiorito scosse la testa: “Non posso. Mi pentirei di essere scappato e di aver lasciato gli altri a morire.”. Io allargai i rami: “Moriranno comunque! Siete dei pazzi se pensate di riuscire a vincere contro gli umani. Loro posseggono delle armi troppo forti! Vi faranno a pezzi. E io non voglio.”
Ramo Fiorito mi posò un ramo sul tronco: “Ma lo dobbiamo fare Corteccia d’Oro! Noi dobbiamo farci valere per la nostra casa, sennò quando moriremo ci pentiremo di non aver fatto nulla. Non mi importa se morirò per mano degli umani. Avrò fatto qualcosa per questo posto.”.
Mi si inumidirono gli occhi. Dissi: “Hai ragione, amico mio, ma io non ho il coraggio per farlo. Sono troppo giovane per morire.”. Ramo Fiorito si staccò una ghianda da un ramo: “Tienila. Seminala là, dove andrai. Falla crescere e quando nascerà un alberello prenditi cura di lui.”. Ormai l’alba era vicina. Io abbracciai Ramo Fiorito. “Addio, compagno e ricordati di me.”
Corsi via. Uscii dal bosco e mi arrampicai su per la collina. Il parco non era ancora aperto, ma scavalcai lo stesso la rete. Ero salvo. Scappai ancora finchè non arrivai ai piedi di una montagna. Là mi fermai ed esausto mi addormentai.
E adesso sono qua sulla collina. Con la ghianda di Ramo Fiorito in una mano. Guardo la piana ora deserta. Del mio Clan è rimasto poco. Non sono arrabbiato con gli uomini, ma voglio chiedere loro una cosa: “Ne è valsa la pena? Gli alberi servono solo per il loro tronco? Gli alberi non meritano di vivere?”.