IL CANE DI FALCONE
Incontro con Dario Levantino
Ciao a tutti! Oggi vorrei parlarvi dell’incontro avuto con Dario Levantino, ovvero lo scrittore dell’ormai conosciuto libro: “Il cane di Falcone”.
Durante le vacanze natalizie ci è stato assegnato il compito di leggere questo romanzo, che, a mio parere è stato davvero bello, pieno di colpi di scena riguardanti la vita di Uccio, il cane di Falcone. In più mi ha anche fatto comprendere più a fondo l’argomento sulla mafia.
Ma non voglio parlarvi del libro in sé, né di Dario Levantino, ma piuttosto dell’incontro svolto con lui il giorno 12 febbraio durante la terza e quarta ora.
Ebbene sì, l’incontro è durato circa due ore, contando il tempo impiegato per fare gli autografi, richiesti da tutti!
Tutto il discorso fatto da Dario Levantino è iniziato con il raccontare dell’infanzia di Falcone, continuando con tutta la sua vita nell’arco degli anni in cui la mafia era conosciuta ovunque e faceva paura a tutti, grandi e piccoli, magistrati e impiegati.
Lui è stato chiarissimo, si è fatto capire davvero bene, aggiungendo, una piccola “chicca” ogni tanto: dopo un numero di slide partiva un timer, ma non solo potevi vederlo, ma addirittura sentirlo. Sentire i secondi che scorrevano veloci, proprio per immedesimarti in Falcone, consapevole che stavi passando gli ultimi momenti della sua vita, vissuta a combattere contro la mafia; però non con cattiveria, né secondi fini, ma con il desiderio di rendere questo mondo un posto migliore.
A volte c’erano anche dei video originali su Falcone; tra interviste e quant’altro rischiavo anche di commuovermi, perché finché senti parlare di certe cose è un conto, ma sentirle da qualcuno che le sa davvero illustrare bene, in un modo che anche la più distratta tra le persone riesca ad essere come rapita dalle sue parole… insomma, fa tutto un altro effetto.
Ma oltre ad averne parlato con Dario Levantino, ne abbiamo parlato un po’ anche in classe, con la prof. essa Martino. La prof. ci ha raccontato di una delle guardie della scorta di Falcone, di cui aveva sentito il discorso anni prima. Lì sì che ho davvero capito quanto la mafia sia stata determinante per la vita di tutte le persone, anche se, in modo più diretto, per coloro che sono stati minacciati o hanno scelto di stare al fianco di Falcone anche se in gioco c’era la loro di vita.
Ecco, ogni volta che ci penso mi viene davvero da piangere, perché anche solo il pensare che qualcuno ha avuto il coraggio di fare scelte del genere, mi riempie il cuore di gioia, ma anche di tristezza, dato che, purtroppo, molta gente è morta.
Poi penso anche a tutti quelli che sono stati in grado di commettere crimini del genere.
Prendiamo per esempio Giovanni Brusca: «Ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l’autobomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento.»
Ecco… rendiamoci conto di quanto l’odio possa plasmare la mente di una persona, rendendola così. Ora, io non voglio entrare nei dettagli di questa frase, perché credo che sia evidente che non sia normale dire una cosa del genere, anche se tutti questi crimini li si ha commessi. Come fai a non ricordare le persone a cui hai tolto la vita, io mi chiedo…
Non sono cipolle che hai sbucciato, ma persone che hai ucciso.
Falcone ha fatto tanto per l’Italia, forse per il mondo intero, ha fatto le sue scelte nella vita, è sempre stato un uomo corretto e giusto, attenendoci a quello che tutti quanti raccontano. Molti mafiosi (tra cui lo stesso Giovanni Brusca) sono stati scarcerati per delle leggi scritte proprio da lui: dal giudice Giovanni Falcone.
In conclusione, spero davvero di aver reso onore a Falcone: io ho fatto del mio meglio; ma, in ogni caso, sono contenta di averne parlato, perché per pensare al futuro e vivere bene il presente bisogna prima conoscere il passato.