Stavo camminando nella soffitta dei miei zii. Era una stanza piccola, in cui l’unica fonte di luce era una piccola finestrella. Ovviamente c’era anche l’odore sgradevole e nauseabondo delle soffitte. Con tutto quel buio non si vedeva niente e inciampai in una scatola, facendone cadere una pila. Così, chiamai mio cugino per aiutarmi a tirarle su. Eravamo all’ultima scatola quando trovai una mappa.
In un primo momento pensai: “Magari se non dico niente e non la guardo non mi metto nei guai”. Poi però la curiosità mi assalì e decisi di parlarne con mio cugino. Lui mi disse che aveva visto scritte simili nella biblioteca del paese. Decidemmo di parlarne con lo zio, a patto di non dirlo alla zia. Lui ci promise che non glielo avrebbe detto.
Così, il giorno dopo andammo in biblioteca. Ci accolse subito un bibliotecario di nome Fred. Ci disse che era un esperto di lingue e che ci avrebbe aiutato. Egli disse che era il linguaggio dei Maya. Eravamo super-eccitati. Mio cugino ci condusse al reparto in cui aveva visto il libro con le altre scritte. Erano proprio degli antichi Maya! Dicevano: “Andate sul Monte Bianco”. Capimmo che quella mappa ci poteva portare una montagna di soldi.
Così la sera stessa prenotammo subito un volo per Annecy, l’aeroporto più vicino al monte più alto d’Europa. Il viaggio fu faticoso, ma vedemmo dei panorami fantastici. Dormimmo in tenda e vedemmo il tramonto sulle Dolomiti. Il giorno seguente ci aspettava la scalata. Essa fu assai faticosa, ma alla fine vedemmo un panorama fantastico. Sulla chioma del Monte Bianco cominciammo a scavare e trovammo un foglio con le stesse scritte! Prendemmo il libro delle traduzioni, traducemmo, diceva: “Andate sul Monte Kilimangiaro”, passando per la Savana.
Così, tutti gasati, facemmo il viaggio di ritorno in men che non si dica. Tornati a casa, ci inventammo una scusa plausibile sia per il viaggio sulle montagne sia per l’imminente partenza per la savana. Prenotammo il volo per Johannesburg. Ci svegliammo presto, uscimmo di soppiatto e riuscimmo a salire sull’aereo. Il viaggio fu magnifico. Vedemmo panorami pazzeschi. Arrivati, prenotammo in un hotel che aveva come escursione il safari nella savana. Pensammo che se avessimo prenotato avremmo potuto chiedere di fare una eccezione all’autista che avrebbe potuto portarci sul monte Kilimangiaro. Così, prenotammo.
La mattina seguente, dopo aver fatto una colazioncina niente male, partimmo. Il viaggio fu bellissimo, vedemmo animali dai suricati ai leoni, dalle giraffe agli elefanti, dagli ippopotami ai coccodrilli. Arrivammo ai piedi del Kilimangiaro. Anche lì facemmo una lunghissima e faticosa scalata. Arrivati sulla cima, cominciammo a scavare. Trovammo un biglietto su cui era scritto : “Andate nel nostro monumento più sacro, il Chichen Itza. Salite gli scalini e entrate da una delle quattro porte, lì troverete il vero tesoro”. Così, senza tornare alla “casa base”, partimmo per Città del Messico. Arrivammo al Chichen Itza, … era maestoso. Salimmo gli scalini, entrammo per una delle quattro porte, e non trovammo niente. Trovammo solo una montagna di mais. Provai a mangiare una pannocchia, ma era d’oro. Capii che gli antichi Maya avevano lasciato quella mappa per far capire a qualcuno il vero senso e valore dell’amicizia. E quel qualcuno ero io. Solo che tutto a un tratto, fummo circondati da pantere!
Stavamo per essere sbranati quando sentii una voce: “Sveglia, c’è scuola”.
Capii che era tutto un sogno, ma ormai avevo colto il senso dell’amicizia.